È un pigro pomeriggio di agosto. Dario e Francesco si incontrano per iniziare a registrare il nuovo singolo di Fracargio.
Il materiale prodotto non è male, buona la prima. Ma qualcosa li rende insoddisfatti. Il suono dei vari friscaletti, sovraincisi e uniti all'elettronica, manca di sale.
La libreria di Dario ha una bella sezione dedicata al siciliano in cui spicca un'antologia poetica in più volumi. Francesco la conosce bene perché ce l'ha anche lui. Apre il volume dedicato al Cinquecento e la prima poesia che balza agli occhi è di uno sconosciuto poeta, Tubiolo Benfare.
"Facciamone un'altra" dice Francesco.
"Stavolta usa il flauto di canna traverso che ti sei costruito tu" suggerisce Dario.
"Ma è grezzo! Difficile da gestire!"
"Meglio così, è più autentico".
Ne viene fuori il brano Fa focu amuri basato su quella poesia. Al suono degli strumenti e dell’elettronica si aggiunge la poesia, letta, cantata, urlata, sussurrata, elaborata con l'elettronica, sezionata fino a diventare puro suono.
Riascoltando si accorgono che il brano registrato per primo utilizzava gli stessi frammenti melodici di questo. Adesso i due brani hanno quel condimento che mancava e che soddisfa gli autori. Decidono di aggiungere una poesia di Antonio Veneziano che sembra calzare a pennello. Un verso della poesia dà il titolo al brano, Morti duci.
La letteratura siciliana sarà il tema di questo singolo e dell’album che ne seguirà. E tanti saranno i musicisti coinvolti. Finora hanno partecipato, accanto a Dario T. Pino (elettronica, synth, programmazione) e Francesco Lipari (flauti in canna, voce, percussioni): Carmen Mazzeo (flauti barocchi), Carmelo Giambò (fisarmonica), Giovanni Alibrandi (violino), Alessandro Monteleone (chitarra). Le sessioni di registrazione riprenderanno in primavera con altri artisti.
Soddisferà anche voi?